E i genitori?

Indice

Nel corso della pandemia dei primi mesi del 2020 abbiamo trasferito online un ciclo di laboratori di Pedagogia Hacker organizzati in collaborazione con il progetto ScApPaRe.

Erano stati mesi di mail, telefonate, appuntamenti e coordinamenti vari per poter organizzare e soprattutto, calendarizzare, 8 date che dovevano mettere d'accordo noi e decine di genitori di bambine e bambini delle scuole elementari. Barcamenandosi come agili surfisti tra lavoro e i mille impegni da genitori, i nostri eroi e le nostre eroine erano riusciti infine a mettere nero su bianco le date per gli 8 laboratori di Pedagogia Hacker.

Grande emozione, grande entusiasmo e aspettative. Il giorno del primo incontro 6 marzo 2020 già incombeva su di noi lo spettro pandemia. Incuranti dei rischi, con un manipolo di genitori coraggiosi, negli spazi della scuola materna Giardinieri, abbiamo tenuto il laboratorio sul tema della Gamificazione dal titolo Giocare o Essere Giocati. Obiettivo del laboratorio era quello di offrire in modo esperienziale gli strumenti per acquisire la capacità critica di analizzare un'interfaccia, partendo dall'analisi dei videogiochi degli anni Settanta-Ottanta-Novanta. Durante le 4 ore di laboratorio i partecipanti, stimolati nell'osservazione dei loro comportamenti in relazione ai dispositivi tecnologici, hanno colto l'occasione per sviluppare numerose ed interessanti riflessioni sul ruolo della tecnologia nella nostra vita e nella vita dei nostri figli acquisendo un nuovo approccio critico verso gli automatismi quotidiani.

Ci lasciammo quel giorno sotto un doppio coloratissimo arcobaleno apparso al crepuscolo con la promessa di rivederci la settimana seguente per il secondo incontro previsto dal ciclo. Incontro che, piombati improvvisamente in un film di fantascienza di serie B, non ci fu più modo di svolgere in presenza.

Dopo le prime due settimane di spaesamento e sospensione dell'incredulità ci arriva la mail dai genitori della scuola Di Donato: che fare? Come andare avanti? Aspettare un'ipotetica riapertura delle scuole, la fine del distanziamento sociale o organizzare online i laboratori previsti?

La scelta è rapidamente caduta sulla soluzione creativa dei laboratori online proprio su richiesta dei genitori. Le ragioni addotte erano le seguenti (riporto estratto da una mail):

Dove (su quali piattaforme) e come (in quali modalità) svolgere online di laboratori immaginati per essere «esperienziali»?

Tecnologie appropriate

Abituati ad avere tra le mani tecnologie conviviali e libere non ci siamo ovviamente affidati alle piattaforme più in voga come Zoom o più grandi e diffuse come Facebook o Google Hangout. Ci è bastato rifarci agli strumenti che già usavamo da tempo per i nostri incontri online o per la scrittura collaborativa (viviamo in diverse città europee): Jitsi per le videoconferenze, il pad come lavagna condivisa su cui scrivere insieme ai partecipanti al laboratorio, Nextcloud per condividere materiali con i partecipanti e tra noi formatori.

Il laboratorio esperienziale si fa diffuso, sfumano i suoi confini spazio-temporali, la trasformazione comincia quando decidi di farne parte e di fare uno sforzo per bypassare i tuoi automatismi e accettare di usare strumenti a cui non sei addestrata. Il lavoro per i partecipanti cominciava nel momento in cui ricevevano l'email con l'how-to per accedere. Per noi formatori il lavoro cominciava preparando il breve manualetto pratico per usare Jitsi e il link al pad da usare come lavagna condivisa durante la formazione.

Quanta fatica, penserete! Ma perché non usare Zoom, o le dirette Facebook o YouTube come hanno fatto tutti in questi mesi di lockdown?

Così fan tutti… è vero… ma per noi il metodo è contenuto! E poi… Jitsi e il pad sono sono strumenti semplicissimi! Di più facile utilizzo di tante altre piattaforme che siamo addestrate ad usare! Niente login, nessuna email da dare, nessuna password da inventare e ricordare! E soprattutto niente dati o metadati raccolti a nostro discapito.

Sì, è vero, strumenti di così semplice utilizzo in un primo momento ci fanno sentire a disagio… non può essere così semplice! Eppure i prodi partecipanti ai laboratori, motivati ad acquisire competenze per fronteggiare i misteri di una prole in continua trasformazione, non hanno opposto resistenza alle nostre proposte. Il giorno del primo appuntamento online erano tutti lì presenti nei monitor dei nostri computer pronti a esplorare nuovi mondi.

Il primo laboratorio online era dedicato a Privacy e Autodifesa digitale: 18 partecipanti per oltre 3 ore di sessione.

Scopo del laboratorio era capire a grandi linee come funzionano il tracciamento dei dati e la filter bubble; come è strutturata Internet, come prenderci cura dei nostri dati/metadati e tracce digitali. I partecipanti sono stati molto attenti per tutta la durata del laboratorio e, oltre ad aver avuto modo di comprendere le basi del funzionamento dei cookies e del tracciamento dei nostri comportamenti online, hanno avuto modo di conoscere una serie di estensioni per browser e di metodi per proteggere la propria privacy e quella dei propri cari.

Noi conduttori, alla prima esperienza ufficiale di laboratorio a distanza, eravamo un po' timorosi: ci siete? State seguendo? Tutto ok? Il silenzio dei partecipanti talvolta ci lasciava confusi non potendoli vedere in faccia (da procedura si era deciso di tenere telecamere e microfoni spenti per evitare sovraccarichi di banda) ma subito arrivava un rivolo di parole nella chat o dai microfoni accesi che ci rassicuravano «Sì, sì! Ci siamo», «Sì tutto bene», «Sì siamo concentrati a ragionare!»

E così un laboratorio che doveva durare 2 ore è andato avanti per oltre 3 ore!

Il secondo incontro è stato ancora più sperimentale del primo! Abbiamo inventato un modo per trasportare le sociometrie dall'interazione fisica a quella digitale. Utilizziamo sociometrie, rielaborate dalle ricerche di Jacob Levi Moreno, per farci un'idea del gruppo con cui lavoriamo e per descrivere le relazioni interpersonali all'interno del gruppo. Una delle consegne è: «mettetevi in ordine in base al tempo trascorso connessi ai dispositivi digitali». Prima della pandemia i più connessi toccavano picchi di 8/10 ore al giorno. Durante il confinamento 8 ore erano il minimo giornaliero, con picchi fino a 14 ore; la media era di 12 ore.

Nel corso del laboratorio Giocare o Essere Giocati di solito coinvolgiamo i partecipanti a giocare con i videogiochi classici: come riprodurre questo setting da remoto? Non era possibile pensare di creare le stesse condizioni: abbiamo giocato noi conduttori con gli emulatori di videogiochi arcade chiedendo ai partecipanti di interagire in tempo reale nella chat di Jitsi o sul pad. Il risultato è stato soddisfacente. Come nei laboratori dal vivo tutti si sono coinvolti e messi in gioco, sviluppando riflessioni originali sul ruolo della tecnologia nella nostra vita. Anzi, per diversi partecipanti chat o pad per esprimersi sono state occasioni per superare la propria timidezza.

In chiusura abbiamo chiesto: «cosa vi portate a casa?» (o meglio, «cosa vi tenete a casa», visto che da casa non ci eravamo mai mossi). Qualcuno ha detto che trovava ben più suggestivo partecipare ai laboratori di Pedagogia Hacker in Rete piuttosto che dal vivo: «Perché così siamo già nel mondo che vogliamo imparare a conoscere e comprendere».

Anche noi siamo state contente di come sono andate le cose… però non vediamo l'ora di tornare a incontrarvi di persona!

Dall'aula virtuale alla rete reale

Durante il ciclo di laboratori con le Associazioni di Genitori romane del progetto Scappare abbiamo creato un set pedagogico con risorse comuni, strumenti tecnici non gamificati e rispettosi della privacy. Ecco i principali.

Jitsi è il nome di un insieme di tecnologie software che permette di fare videoconferenze. Per sperimentare l'istanza meet che abbiamo usato noi (nel 2020 originata da Seattle) https://meet.jit.si parola chiave per risorse ulteriori: /jitsi instance/s, es. https://github.com/jitsi/jitsi-meet/wiki/Jitsi-Meet-Instances.

Per usare Jitsi via web ci vuole un browser (navigatore web), meglio F/LOSS come Firefox o Chromium; una telecamera e un microfono per potersi far vedere e parlare; una connessione a Internet; un dispositivo connesso con schermo (computer, tablet, smartphone…). Ecco una storia per capirci di più: Internet, Mon Amour – Il metodo del mi piace. Qui invece un piccolo manuale per chi vuole imparare le meraviglie di Jitsi a scuola.

Etherpad è un editore collaborativo in tempo reale sul web, che permette a più utenti di modificare simultaneamente un documento testuale e vedere tutte le modifiche effettuate in tempo reale; ognuno ha un colore, che può modificare. C'è anche una finestra di chat che permette di interagire fra i differenti autori. Nato nel 2008, il software fu poi acquisito da Google; il codice sorgente venne poi rilasciato ed è attualmente disponibile (Etherpad-lite) sotto licenza Apache 2.0. Per ulteriori risorse parola chiave etherpad instances, es. https://github.com/ether/etherpad-lite/wiki/Sites-that-run-Etherpad-Lite.

L'istanza Etherpad che abbiamo usato noi è stata offerta da alekos.net e girava su un server che si chiama Lola, situato in una cascina nella periferia di Milano.

Nextcloud è un cloud storage F/LOSS (nel nostro caso sempre ospitato su Lola) che ci permette di archiviare e condividere file prestando attenzione alla protezione dei dati personali.

La sinergia di questi ambienti lascia un buon margine di libertà alle possibilità creative e combinatorie. I partecipanti al laboratorio non vengono «addestrati» tramite meccanismi di gamificazione; imparano a capire come funzionano le interazioni tra umani e macchine in rete e quali sono i dettagli a cui fare attenzione. Molte delle persone che hanno preso parte ai laboratori ci hanno poi raccontato di aver utilizzato tanto Jitsi che l'Etherpad in altre occasioni: dalle riunioni con i colleghi agli aperitivi in famiglia!

Non sappiamo come si evolverà la pandemia, se altre ne verranno, ma quello che sappiamo è che alcune esperienze sono qui per restare. Oggi più che mai è importante fare tesoro delle strade che tracciamo insieme.