Il doposcuola: nella Terra di Mezzo tra didattica e formazione

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Negli ultimi mesi la didattica a distanza ha portato davanti agli schermi docenti e studenti, che hanno dovuto misurarsi con tecnologie e nuove modalità di interazione.

Sono saltati gli schemi e i ritmi, sono cambiati gli orari propri della scuola e gli orari degli studenti che hanno vissuto in uno spazio virtuale la maggior parte del proprio tempo. In quello spazio si sono articolati il tempo della scuola, il tempo del gioco e del non far nulla, il tempo delle relazioni e il tempo della casa. Le giornate sono state risucchiate dalla necessità di completare i programmi, svolgere i compiti assegnati, dare valutazioni, capire come usare le piattaforme digitali.

A volte i genitori hanno supportato i propri figli, spesso gli studenti sono stati accompagnati da educatori e docenti che vivono nella terra di mezzo delle attività del doposcuola.

Il doposcuola è un'attività di supporto alla didattica scolastica, non si tratta di un semplice aiuto nello svolgimento dei compiti assegnati dai docenti, ma è soprattutto un tempo dedicato alla relazione tra educatore e studente per costruire insieme un metodo di studio e lavorare su autostima e fiducia in sé. Il ruolo dell'educatore in questo campo esige capacità di analisi dei contesti familiari e scolastici oltre che un'attenzione al singolo, alle sue peculiarità, alle sue competenze e alle sue emozioni.

In questa fase i ragazzi seguiti durante le ore pomeridiane hanno trascorso tutti i loro pomeriggi ricostruendo nuove modalità di interazione. Gli educatori sono entrati nelle case e hanno dovuto sopperire alle lacune e alle mancanze della cosiddetta Didattica a Distanza (DAD), trasformandosi in tecnici, esperti di svariate piattaforme, supportando da un lato i ragazzi e dall'altro i genitori.

Cosa significa «fare doposcuola»?

Chi fa doposcuola deve inventare e sperimentare per relazionarsi in modo unico e sempre diverso con ogni ragazzo, garantendo la sua formazione ma soprattutto sostenendo l'equilibrio della sfera emotiva. Si lavora cercando di personalizzare gli strumenti e per garantire un'aggregazione informale, perché al doposcuola non si è mai da soli, c'è sempre un gruppo di ragazzi che studia insieme, imparando a rispettare le voci e i silenzi degli altri, imparando a sospendere il giudizio e allenando la collaborazione e l'ascolto.

Non si è da soli perché c'è sempre qualcuno lì per te, qualcuno con capacità e competenze che ti supporta nello studio e che è pronto ad ascoltarti, consigliarti, farti ritrovare la voglia. Quando si trascorre il pomeriggio al doposcuola si è sempre in due su un libro, si sperimenta insieme come arrivare all'obbiettivo, l'educatore è un tuo alleato, che gioca nella tua squadra per ottenere insieme dei risultati.

L'educatore deve però capire anche le esigenze dei docenti, il loro modo di interrogare, come e su cosa vorrebbero che gli studenti fossero preparati, quali argomenti prediligono, che tipo di valutazione attuano, se per loro è più importante la performance o la costruzione e l'impegno per raggiungere un risultato.

Dopo aver inquadrato il docente, devi intuire cosa vuole il genitore… sicuramente la serenità del figlio, ma tutti vogliono anche buoni voti, tanto impegno e grandi risultati scolastici. Rimane da capire cosa vuole il ragazzo che dopo 5 ore di lavoro a scuola, deve continuare il suo lavoro a casa per molte altre ore.

L'educatore vede un altro lato degli studenti, che spesso si comportano in modo differente in questo ambiente, perché la relazione che si instaura è esclusiva e gli strumenti spesso sono diversi da quelli usati a scuola, la modalità di interazione è differente.

Chi fa doposcuola aiuta più ragazzi contemporaneamente, spesso di classi ed età differenti quindi con compiti diversi. La gestione dell'aiuto a casa è uno dei momenti più stressanti della giornata sia per il personale post-scuola che per gli studenti. A questo si aggiunge la pressione dei genitori perché gli studenti finiscano i compiti nel programma di doposcuola. Quantità e qualità dei compiti assegnati raramente aiutano.

Chi è un educatore in un doposcuola deve soprattutto aiutare a essere, valorizzando l'unicità e la singolarità dell'identità culturale di ognuno; deve dare strumenti. Fra gli obiettivi: affiancare all'insegnamento e all'apprendimento anche le conoscenze necessarie per comprendere i contesti sociali, politici, culturali, antropologici in cui si vive. E deve sapersi divertire, ridere e soffrire con i propri ragazzi, riconoscere le loro emozioni, imparare ad ascoltarle e a viverle insieme.

Il doposcuola è un rito: si comincia sempre con il chiedere come è andata la giornata, si gioisce per un buon risultato, si soffre se qualcosa non è andato per il verso giusto, si trova un modo per superare quel momento e viverlo con serenità per andare avanti, si studia e si svolgono i compiti, si ride, si parla e si mangia, si termina con un arrivederci al giorno successivo, sapendo che domani staremo di nuovo insieme per «fare i compiti» e incontrare gli amici del doposcuola.

Il doposcuola ai tempi della pandemia

Cuffie, elenco dei ragazzi, prova volumi, prova video e apri le dieci finestre che ti serviranno per comunicare con loro. Sì, almeno dieci finestre sul tuo browser perché ognuno di loro utilizza un modo diverso per comunicare: c'è chi preferisce la videochiamata WhatsApp, chi su Telegram, chi vorrebbe usare jit.si (perché ha sentito da un amico che funziona), chi la stessa piattaforma che si usa a scuola, chi Zoom, chi ti dirà di installare una cosa nuova di cui non hai mai sentito parlare; apri le pagine dei registri elettronici di ogni ragazzo (se sei fortunato e i genitori ti hanno dato le password) o aspetta le dieci mail in cui ogni genitore ti avrà mandato (non) tutti i compiti che i prof hanno assegnato.

Ora sei pronto per partire, per ognuno di loro un messaggio: sei pronto per cominciare? Ecco, mai nessuno è pronto per mettersi a studiare… meglio ritardare il più possibile questo momento… e così parte il solito dialogo non dialogico (la funzione fàtica della comunicazione, direbbe Jakobson, moltiplicata all'ennesima potenza): Mi senti? Non ti sento! E ora? Lontana! Aspetta ora forse sì, no forse metto le cuffie! La telecamera non si attiva! Prova a uscire e rientrare… e così via per almeno quindici minuti!

Dopo aver dato inizio alle danze e aver recuperato tutti i compiti da svolgere arriva il momento dell'invio dei compiti… sì, per ogni ragazzo riceverai mega e mega di immagini, di foto di libri, esercizi da fare, screenshot dei messaggi con i compiti, screenshot di messaggi con le cose da studiare e altre miriadi di informazioni.

Si attacca infine lo svolgimento dei compiti ma anche in questo caso devi risolvere il problema della simultaneità: con ogni ragazzo usi strumenti differenti e devi provare a esserci per tutti, imparando a fidarti di loro, scommettendo che stanno facendo quello che gli hai richiesto di fare.

A volte qualcuno scompare, non ha voglia e tu devi trovare il modo per riportarlo in quello spazio. Comincia a spuntare le cose svolte, doppia spunta per la verifica e una x per quello che non sei riuscito a fare… ma quando pensi di aver terminato la tua giornata arriva la parte più interessante: devi inviare i compiti svolti ai genitori che a loro volta dovranno inviarli sulla piattaforma in modo tale che i docenti ricevano tutto nel tempo previsto…

Ti trasformerai nuovamente. Ora sei diventato il personal trainer, o se preferisci digital assistant, dei genitori che non sanno come caricare, non ricordano le password, il loro sistema operativo non gli permette di aprire quel file e così spesso tocca a te caricare tutto il lavoro svolto sulle piattaforme. E se sei fortunato i compiti saranno consegnati senza intoppi ai docenti, altrimenti correrai il rischio di ricevere una chiamata dai genitori, che hanno ricevuto un WhatsApp dal prof che dice «Suo figlio non sta consegnando i suoi compiti, non posso valutarlo» e tu dovrai cercare di capire per quale mistero informatico quei file caricati nello stesso identico modo questa volta non sono lì presenti su quella piattaforma designata per la DaD.

E il tempo scorre e stai già pensando che forse avresti dovuto spiegare meglio quella materia, che hai dedicato più tempo a qualcuno ed altri meno, che a qualcuno hai dimenticato di chiedere come sta, che hai preteso troppo e invece era una giornata no.

Ti rendi conto che hai perso parte di quella relazione, dell'approccio empatico, di ascolto interessato, di collaborazione e complicità che in tempi «normali» ti permetteva di non sentire il peso e la stanchezza del tuo lavoro. Ti rendevano serena perché in mezzo ai compiti da svolgere loro, i ragazzi, ti avevano lasciato un segno e tu lo avevi lasciato per loro.

Mettere ordine

In questo periodo di incertezze il mio lavoro è stato quello di rimanere una certezza, ho cercato di dare stabilità, un ritmo alle loro giornate e soprattutto di essere un buon ascoltatore. I ragazzi hanno dovuto cambiare radicalmente il loro modo di studiare a casa e sono stati caricati di un forte senso di responsabilità. Molti hanno vissuto questo momento con ansia e malessere; hanno perso le loro relazioni e quegli strumenti che prima utilizzavano per svago e divertimento, per mantenere vive le loro amicizie e i loro amori, sono diventati gli stessi strumenti di studio: i dispositivi della sfera privata sono diventati quelli della sfera scolastica. E così si sono accavallati sui canali di messaggistica le chat dei compiti, le chat con i docenti e le chat delle materie scolastiche.

Se l'esperienza dello spazio comune della socialità appare sempre meno definito dal qui e ora, con l'aumentare dell'uso delle tecnologie è possibile essere simultaneamente connessi con spazi e tempi molteplici senza essere necessariamente presenti. Mentre davanti agli schermi il tempo per sé /si è sovrapposto al /tempo dello studio, gli educatori hanno dovuto trovare un modo per lasciarsi incasellare in quegli strumenti, cercando di preservare spazio anche ai loro momenti personali, rientrando nelle loro molteplici connessioni simultanee.

In questo modo ci siamo trovati immersi nelle loro case, nei loro tempi, nelle discussioni con i genitori e nei momenti di sospensione in cui arriva una notifica dall'amico e tutto si ferma, i pensieri si spostano altrove e l'imminenza diventa nel migliore dei casi rispondere al messaggio, in altri indossare un nuovo mantello da supereroe e lasciar perdere i compiti per provare a capire perché nel suo volto è passata un'emozione differente, empaticamente riconoscere quale segno gli ha lasciato e sperimentare un nuovo modo di riportarlo nel tuo qui e ora, in quel tempo dello studio, in quello spazio in cui devi svolgere i tuoi compiti e rimanere concentrato, altrimenti il tempo passerà, non avrai finito tutto, non potrai caricare i compiti sul portale e i tuoi prof non potranno valutarti…

Un po' di chiarezza nell'uso delle piattaforme avrebbe aiutato? Se i docenti avessero saputo come usarle avrebbero dato più informazioni ai ragazzi? Se ci fossimo interrogati su cosa avrebbe voluto dire fare Didattica a Distanza… se l'educazione scolastica si preoccupasse maggiormente del modo di apprendere, del come invece del cosa imparare… ma per chi è un educatore e deve portare a termine la sua missione questi sono i quesiti della buonanotte, prima è necessario trovare una soluzione.

Dopo varie prove e dopo aver consultato i miei digital assistant, ho sperimentato alcune procedure appropriate per seguire tutti contemporaneamente, dare a tutti la stessa attenzione e soprattutto garantire la nostra relazione e la relazione tra loro.

Ho chiesto ai ragazzi di propormi un luogo in cui avrebbero voluto incontrarsi se avessero potuto fuggire dalle loro case in quel momento. Abbiamo deciso per il parco (/quello dove ci sono le rampe per lo skate e un bel campetto di calcio, quello dove si passeggia con le amiche e dove ci sta la gelateria che fa un gelato buonissimo/). Abbiamo creato così la nostra stanza su jit.si: possiamo starci tutti insieme, silenziarci, scriverci nella chat, mostrare quello che stiamo facendo; possiamo vederci e io posso esserci simultaneamente per tutti. Siamo riusciti a ricreare un surrogato di presenza sufficientemente appropriato che ci ha permesso di vivere in modo più «normale» questo momento di distacco, abbiamo ricominciato a ridere e a scherzare e sono riuscita a diminuire difficoltà e stress nel mio lavoro.

Ma come fare ad avere i compiti di tutti, nelle cartelle giuste, pronte per l'invio? E qui mi viene in soccorso la nuvola: spiego ai ragazzi come salvare le foto dei loro compiti e come caricarle sul nostro Nextcloud, che non sta sulle nuvole ma ospitato in un server amico, ben piantato per terra e alimentato con energie rinnovabili. Così mi ritrovo ben ordinate tutte le cartelle con tutti i compiti svolti, pronti da inviare sulla piattaforma, senza dover cercare tra le foto inviate sui mille canali di messaggistica.

Non si tratta di risolvere tutti i problemi legati alla DaD, ma di salvaguardare la mia sanità mentale, la mia serenità. Ho potuto svolgere il mio lavoro, con attenzione e professionalità, senza perdermi nel sovraccarico di informazioni e notifiche; ho permesso ai miei ragazzi di ricostruire una normalità usando tecnologie differenti con strumenti nuovi, non sovrapposti a quelli del loro tempo e del loro spazio, ricreando un tempo e uno spazio esclusivo solo per noi.